Cotolette braciuolate

COTELETTE BRACIUOLATE
da Antonio Odescalchi, Il cuoco senza pretese
ossia la cucina facile ed economica 
(1826)

IL TESTO
"Pigliansi costaiole di vitello, castrato o porco, si preparino, e si battino bene, poi fatto dileguare nella tortiera del butiro con un poco d'olio unito, al momento che incomincerà a friggere immergetevi le vostre cotelette impannate; e cotte servitele naturali, o con qualche salsa”. 

IL COMMENTO
Se non facciamo troppo caso al nome delle ricette e se ne considerano le procedure di preparazione che esse descrivono e la tipologia della pietanza che se ne ricava, non sarà difficile accorgersi che le cotolette braciuolate dell’Odescalchi non sono se non una delle prime (se non la prima formalizzazione in assoluto) della ricetta di quelle che poi sono state conosciute ovunque con il nome di cotolette alla milanese.
Si deve a Felice Cunsolo (La cucina lombarda, Milano, Novedit, 1963, p. 117) la comunicazione della fortuita scoperta fatta da studiosi austriaci con la quale si risolveva un’annosa questione, riconoscendo che il Wiener Schnitzel non è padre ma figlio della "cotoletta alla milanese", come attesta un documento redatto dal conte Attems, aiutante di campo di Francesco Giuseppe, conservato all’Archivio di Stato di Vienna. Al Cunsolo era tuttavia sfuggito che prima del quinto decennio del XIX secolo, quando fu redatta la relazione di Attems, la ricetta della cotoletta impanata era già stata pubblicata nel ricettario anonimo del nobile comasco Antonio Odescalchi.
Si potrà obiettare che questa ricetta fa riferimento, indifferentemente, a “costaiole [cotolette] di vitello, castrato o porco” e non alle sole cotolette di vitello, che costituiscono la materia prima delle “milanesi”. E’ vero. Bisogna però considerare che all’epoca, i vari tipi di carne (vitello, castrato o porco) erano comunemente considerati tra loro intercambiabili, soprattutto nella cucina popolare o piccolo borghese, dal momento che l’abitudine era di cucinare con il tipo di carne o di verdura disponibile. Tale consuetudine è segnalata anche in altri ricettari, come La cucina degli stomachideboli del Dubini (Milano, Bernardoni, 1862), alla ricetta n° 61,Costolette di porco, panate, alla gratella, dove le cotolette, dopo essere state condite, sono bagnate nel burro fuso, passate nella mollica di pane grattugiato, poi nell'uovo sbattuto e nuovamente nel pane grattugiato, per essere infine "fritte sulla gratella". Nel NB finale, l’autore aggiunge: "In tal maniera si ammanniscono anche le costolette di vitello e di pollo". Si può ragionevolmente concludere che la limitazione al solo vitello per la cotoletta milanese sia stato un po’ alla volta formalizzato nel corso del XIX secolo, quando la carne bovina andò progressivamente sostituendo, nella cucina borghese, tutti gli altri tipi di carne, ritenuti più adatti alla cucina popolare.