Progetto realizzato con il contributo della Provincia di Como

La dispensa del paradiso: il gusto dolce e i dessert

La dispensa del paradiso: il gusto dolce e i dessert 


Per la carenza intrinseca di dolcificante, nel mondo della tradizione, il preparato alimentare che noi oggi chiamiamo dolce era legato al giorno della festa. Anche il dolce tradizionale comasco è solitamente collegato a ricorrenze del calendario rituale. InviaSe è vero che non c'è festa senza dolce, nella tradizione si dà raramente un dolce al di fuori della festa. Le ristrettezze economiche dei membri della famiglia tradizionale erano così marcate e continue da non permettere, se non in rarissimi casi e in quantità che oggi definiremmo omeopatiche, di avvicinarsi a quella risorsa energetica che è lo zucchero, la quale, derivando dall'esterno del microcosmo contadino, avrebbe dovuto essere comperata: e sappiamo che l'acquisto di materie prime era un'eccezione in un mondo non solo

dolcieconomicamente autoreferenziale.


D'altronde bisogna sfatare il luogo comune che assegna alle epoche passate un impiego diffuso di miele per la dolcificazione. Nell'alimentazione della società contadina il miele non è mai stato ingrediente tipico: vi è molto marginalmente arrivato tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, sull'onda di esperienze dolciarie cittadine o borghesi, importate soprattutto dalle donne e dalle ragazze di campagna assunte con mansioni di cuoche o di inservienti di cucina nelle case dell'ultima nobiltà o della ricca borghesia cittadina. In campagna si dolcificava di solito con la frutta, in due diversi modi: mischiando la frutta fresca o secca alla pasta del pane, oppure cuocendo a lungo il mosto d'uva, producendo il cosiddetto mosto cotto, e mischiando questo fluido all'impasto di dolci o versandolo sopra a particolari paste già cotte, soprattutto mediante frittura.

In terra comasca si identificano cinque tipologie dolciarie, più o meno comuni a tutte le diverse zone in cui si frammenta la cultura alimentare del territorio. Il panorama di tali tipologie può essere così sintetizzato:

1. Paste lievitate o meno con frutta dolce o secca. E' tipologia principale, consistente in preparazioni di pasta lievitata (o non lievitata) con l'associazione di frutta fresca, appassita o secca (la chisöla, le torte di pere o con le mele, tanto nella versione con la frutta mischiata all'impasto sia in quella con la frutta usata come guarnizione della superficie. Molto diffusi sono anche il pane con l'uva, sul modello del pan tramvai milanese, o il braschin dell'Alto Lago, e le torte in cui si riciclava, in passato, il pane secco, bianco, giallo o di mistura, con aggiunta di frutta fresca, secca o candita, come nel caso della miascia, della bisciola chiavennasco-valtellinese o del masigott di Erba. Da questi dolci prendono origine dopo la fine del Settecento il panettone e alcuni dolci pasquali, come la resta e la colomba, in seguito all'elaborazione attuata nei primi veri laboratori di pasticceria, con l'introduzione della lievitazione multipla. Apporti dell'arte dolciaria del Medioevo si leggono nel budino di mosto e in preparati la cui dolcificazione è ottenuta con il miele, con il mosto o con il giulebbe di frutta (le pere in giulebbe, la zuppa di ciliege e marasche, le more di gelso col vino ecc.). Si fissano al XVII-XVIII secolo tanto elaborazioni del tipo della charlotte e dei dessert - anche gelati - con frutta fresca.

2. Preparati a base di uova e latticini. E' un'altra tipologia tra le più diffuse. In questo gruppo, si può distinguere tra dolci da fornello, dolci da forno e dolci crudi. Rientrano nel primo sottogruppo il cavolatte, gli zabaioni, la barbajada, le bavaresi, i budini, elaborati nelle cucine nobiliari durante il XVIII secolo, ma accolti, già nel secolo successivo nella tradizione popolare della pianura, dove c'era maggiore disponibilità di latte e di panna. Del secondo sottogruppo, derivato da preparazioni arcaiche latine e medioevali, in cui si utilizzava anche il formaggio, fanno parte le creme e le panne cotte entro rivestimenti di pasta, o le torte di ricotta o di mascarpone, con o senza crema pasticcera e/o panna. Sono dolci crudi a base di latticini la crema al mascarpone, di origine lodigiana ma diffusa un po' ovunque dall'inizio del Novecento, i dolci a base di biscotti o pan di spagna, sul modello della zuppa inglese, mascarpone al posto della crema pasticcera o della crema chantilly, da cui si è originato il moderno tiramisù. Può essere inserito in quest'ultimo gruppo anche la rusumada, cioè il rosso d'uovo sbattuto con lo zucchero e il vino, solitamente arricchito con l'albume montato a neve.

3. Paste lievitate o meno con aggiunta di burro. Sono inoltre frequenti, come d'altronde in tutta la tradizione regionale dell'Italia centro-settentrionale, dolci quasi sempre non lievitati (o poco lievitati), preparati indifferentemente con farina bianca e/o gialla, burro e uova, nella tipologia delle paste frolle e delle paste brisé, come il pan de mej, che rispetto ad altri dolci garantiscono, in virtù della loro asciuttezza, una maggiore conservabilità. La pasta frolla ridotta alla pezzatura piccola e alla condizione del biscotto offre, nel panorama del territorio, le offelle di pasticceria. Nella fase più antica della elaborazione dolciaria, l'apporto lipidico per questa categoria, nel mondo contadino, era ottenuto non con il burro, ma con lo strutto di maiale. Le pastefrolle con la frutta fresca gelatinata in guarnizione, entrate recentemente nell'uso comune non fanno parte della tradizione popolare né di quella regionale in senso proprio, derivando direttamente dalla pasticceria internazionale della seconda metà del XX secolo.

4. Frittelle o paste dolci fritte. Un tempo erano apprezzatissime le frittelle dolci di vario genere le frittelle di riso, le frittelle di mele, o le fritture di paste lievitate sul tipo delle chiacchere di Carnevale o dei turtei che ritornano periodicamente ad allietare il calendario rituale, dal Carnevale a San Giuseppe. Particolari elaborazioni locali dei turtei si trovano comunemente tanto nelle sagre, nelle fiere, e nelle kermesse patronali quanto nei luna park. Frittella particolare, per le grandi dimensioni e perché dolcificata solo in superficie, è la cutizza, altrimenti detta laciada o paradel, del Comasco, del Lecchese e della Valsassina (cui si può aggiungere anche frutta fresca a pezzi).

5. Reliquie della pasticceria di corte medievale e rinascimentale. Queste antiche preparazioni sono giunte fino ai nostri giorni senza modifiche sostanziali rispetto alle formulazioni più antiche contenute nei ricettari del XIV e del XV secolo. I cupett e i mostazzitt della Bassa verso il Varesotto, il torrone cremonese, già qui solidamente ambientato da fine Ottocento, le ossa e il pan dei morti, tradizionali ovunque nel giorno dei defunti, i croccanti di noci, di mandorle, di nocciole o di pinoli, sia impastati con lo zucchero che, alla maniera antica con il miele.

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