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Le ricette della Cucina Lariana

Miascia

Dolci dessert e merende

Tempistica e difficolta'

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Questo dolce-pasto povero, detto anche Meascia o turta di paisan, deriva probabilmente da un antico nucleo di ricette, del tipo del migliaccio già descritto da Maestro Martino da Como, preparato fra l’altro con "una libbra di cacio del più fresco che possi havere" e con un’aspersione finale di "bono zucchero et di acqua rosata" e cotto nello stesso forno dove si faceva il pane. La ricetta proposta utilizza come ingrediente base il pane raffermo, ma ne esistono numerose varianti locali basate su un impasto di farina bianca e farina gialla

Lista degli ingredienti

Tipologia: Tipologia: Dolci
  Stagionalità: Autunno, Inverno
  Difficoltà: Modesta
  Tempo di esecuzione: 60 minuti
  Tecnica di cottura: Cottura al forno
     
Utensili: tagliere, zuppiera, tortiera
   
Ingredienti: PANE RAFFERMO (500 g), 
LATTE INTERO (1/2 litro), 
UOVA (n.2), 
AMARETTI (n.3), 
MELA (n.1),
PERA (n.1), 
PINOLI (20 g), 
UVETTE (50 g), 
LIQUORE AMARETTO (1 bicchiere), 
BURRO (30 g), 
FARINA BIANCA (1 cucchiaio), 
CIOCCOLATO AMARO (50 g, in scaglie), 
ZUCCHERO (75 g).

Preparazione

Tagliare il pane a fettine e ammollarlo col latte in una zuppiera per circa 2 ore
Stemperare il pane ammollato con un cucchiaio
Aggiungere le uova, le uvette precedentemente ammollate in aqua tipieda, i pinoli, la mela e la pera tagliate a fettine, lo zucchero, gli amaretti sbriciolati e il liquore
Lavorare l'impasto con il cucchiaio e versare in una tortiera imburrata e infarinata
Spolverare l'impasto con lo zucchero e il cioccolato in scaglie e guarnire con il burro a fiocchi
Cuocere in forno a 200°C per 15 minuti, quindi a 150°C per altri 15 minuti
Sfornare e servire tiepida o a temperatura ambiente

Tempistica e difficolta'

Altre informazioni

Note:

i dolci poveri

I dolci poveri, come la miascia, sono sovente preparati con frutta secca o fresca, per ottenere una base zuccherina naturale: un tempo infatti lo zucchero era molto raro e lo si trovava solo sulla mensa dei ceti più abbienti. Ne risultano razioni estremamente energizzanti, ma anche piuttosto complete sul piano nutrizionale:la frutta apporta sali minerali e vitamine e nobilita le "calorie vuote" dello zucchero. In passato, il dolce non era come oggi consumato a fine pasto, ma in alcuni casi in sostituzione del pasto, piuttosto che come merenda, e comunque in occasioni particolari: feste, ricorrenze, doveri di ospitalità.

Varianti:

La sostituzione del pane raffermo con un impasto di farina bianca e  gialla è ampiamente utilizzata in alcune località del comasco e riportata nei ricettari brianzoli. Ma la composizione dell’impasto può variare notevolmente in base agli ingredienti disponibili.

Abbinamenti:

La miascia può essere consumata fuori pasto o come dessert  (in tal caso è consigliabile non abbondare nelle porzioni) Un vino rosso amabile o liquoroso è consigliato come accompagnamento.

L'ingrediente:

il pane raffermo

"Pan poss, vin brusch e legna verda fan l’ecunumia d’una ca": così recita un detto popolare lecchese a testimoniare il valore di sussistenza legato all’impiego completo delle povere risorse. Che il giudizio sul pane raffermo fosse comunque negativo si desume dall’uso dell’espressione "l’è un pan poss", riferita ad una persona insulsa o di poco valore. Il pane raffermo (poss) era un tempo piuttosto utilizzato in cucina, sopratutto nelle zuppe (dal pumia o pan muja, al pancotto o panada). Non va d’altronde dimenticato che il pane era una volta molto diverso da quello di oggi: era preparato con miscele di farine diverse (farina di mais: pangiallo; farina di miglio: pan de mej; farina di segale, ecc.), cotto in grandi pezzature nei forni comunitari e consumato in una-due settimane, conservandolo in un armadio apposito (la panadura). Quantunque il pane raffermo fosse più duro e un po’ inacidito, non bisogna dimenticare che la sua digeribilità rimaneva piuttosto elevata, sovente superiore a quella del pane fresco. Il raffermimento, infatti, comporta una serie di trasformazioni fisico-chimiche che inducono una parziale retrogradazione dell’amido, cioè la formazione di un reticolo cristallino organizzato, aggredito più lentamente dai succhi gastrici che così regolano l’assorbimento dell’amido e la sua digestione a glucosio.