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Le ricette della Cucina Lariana

Turtej

Dolci dessert e merende

Tempistica e difficolta'

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Sono frittelle del periodo primaverile, passate nel corso degli ultimi due secoli anche nell'immaginario e nell'uso delle feste e delle sagre di paese. L'aggiunta del lievito in polvere agli ingredienti della ricetta tradizionale è piuttosto recente e ha la funzione di rendere le frittelle meno compatte e più leggere. Solitamente venivano fritte nello strutto e insaporite con una spolverata di zucchero semolato in superficie.

Lista degli ingredienti

Tipologia: Tipologia: Dolci
  Stagionalità: tutto l'anno
  Difficoltà: media
  Tempo di esecuzione: 80 minuti
  Tecnica di cottura: frittura
     
Utensili: Mattarello, rotella, padella
   
Ingredienti: FARINA DI FRUMENTO (500 g), 
UOVA (n° 3), 
BURRO (50 g), 
LA SCORZA GRATTUGIATA DI MEZZO LIMONE, 
SUCCO DI LIMONE (2 cucchiaini), 
LIEVITO IN  POLVERE (mezza bustina), 
OLIO PER FRIGGERE,  
ZUCCHERO AL VELO (q. b.).

Preparazione

Formare la fontana con la farina e nel centro versare le uova, il burro, il succo e la scorza del limone Impastare tutti gli ingredienti, aggiungervi il lievito e lavorare la pasta fino a che non sia divenuta omogenea Con il mattarello tirarla dell'altezza di un paio di millimetri e, con la rotella, tagliarla a losanghe, oppure a strisce da legare a fiocco
Friggere i tortelli in abbondante olio molto caldo fino a che non siano ben coloriti
Scolarli dall'olio e depositarli sulla carta assorbente
Una volta freddi, cospargerli di zucchero a velo.

Tempistica e difficolta'

Altre informazioni

Note:

la lievitazione nella cucina tradizionale

La lievitazione è un processo fisico-chimico per cui una pasta o una pastella, cioè un impasto, aumenta di volume per effetto dell’aria che vi si incorpora, solitamente a causa di processi fermentativi.
L’immissione di aria, che ha lo scopo di rendere meno compatto, cioè più leggero, il composto può essere ottenuta con lieviti naturali o artificiali come il lievito di birra o il baking. Nella cucina tradizionale, 
quando non si faceva ricorso al lievito di birra (o alla pasta di pane già lievitata, tenuta in serbo quale base per i rinfreschi della panificazione) si ricorreva comunemente a uno dei tre seguenti procedimenti: 
*  impastare delicatamente la farina con birra in modo che il gas contenuto nei due liquidi si trasferisca nella pastella; 
*  sbattere a lungo ed energicamente la pastella con la frusta in modo da  incorporarle una certa quantità di aria; 
*  impastare la farina con acqua tiepida in cui sia stata sciolta una quantità minima di bicarbonato di sodio, o di ammoniaca,     o di cremor tartaro, e lasciare riposare il com­posto per qualche minuto prima di friggerlo.

Varianti:

Alla versione base, che correttamente Felice Bassani, La cucina di nost vecc, accumuna alle cutizze di piccole dimensioni (cutizzit o laciadet), si potevano aggiungere uvette ammollate, oppure pezzetti di mela. 
Nelle versioni “da pasticceria” non di rado si dolcifica l’impasto, che viene ottenuto con un  procedimento simile a quello utilizzato per la pasta dei bigné, unendo la farina ad acqua in ebollizione e burro e impastando finché non si stacchi in blocco dalla casseruola. In tal caso i turtei assumono la forma di palline irregolari.

Abbinamenti:

I turtei si consumano tradizionalmente da soli, semmai accompagnati da un bicchiere di moscato piemontese o dell’Oltrepò. Per i più golosi possono però essere serviti con piccole porzioni di crema al mascarpone (crema lodigiana) o di lattemiele.

L'ingrediente:

la farina di frumento

Nella cultura tradizionale lombarda, massimamente in quella alpina, la farina di frumento era molto rara presso la gente comune. Nella panificazione era usata in prevalenza per conferire coesione ed 
elasticità al pane di mistura confezionato con sfarinati di scarso pregio. Il pane bianco, prodotto interamente con farina di frumento, era riservato agli ammalati e ai convalescenti. In cucina la farina bianca rientrava nella preparazione delle fritture e in alcuni piatti non 
propriamente ordinari di paste farcite, di gnocchi e di minestre (malfatti). Nella gastronomia borghese è rimasta una traccia di frequentazioni franco-piemontesi in certe ricoperture di besciamella e nell’infarinatura delle carni per l’arrosto o per il salmì. Un po’ più frequente l’uso in pasticceria, dalle cutizze brianzole alla maggior parte delle frittelle, dei biscotti e delle torte tradizionali, in cui una percentuale di farina bianca mitiga sempre l’asciuttezza della farina di mais o amalgama opportunamente il pane ammollato nel latte e impastato con la frutta.