il ricettario dell'Odescalchi
Odescalchi
[Antonio ODESCALCHI]
Il cuoco senza pretese ossia la cucina facile ed economica
Como, Ostinelli, 1826
di Rossano Nistri
1. L'autore.
Antonio Odescalchi era l'erede della famiglia nobiliare comasca che aveva dato alla cristianità della Controriforma, nel XVII secolo, il papa Innocenzo XI, il beato Benedetto Odescalchi. Letterato e cultore di poesia, sia in lingua che in dialetto, fu professore al liceo classico di Como, e autore di un Prospetto di storia universale (1847) ristampato in diverse edizioni nell'arco di una ventina di anni, oltre che di innumerevoli saggi e interventi, soprattutto su argomenti di storia e di costume locale. Le cronache sottolineano la sua amicizia con Franz Liszt e con altri artisti e letterati, spesso ospiti nella sua dimora comasca, in quella prima metà del secolo in cui i panorami e le atmosfere lacustri, sposati perfettamente con la sensibilità romanica, suscitavano una particolare attrazione su artisti e intellettuali dell'intera Europa.
2. L'opera
Pubblicato anonima nel 1826, Il cuoco senza pretese ebbe altre tre edizioni molto ampliate, tutte anonime, fino al 1857. L'anonimato, faceva quasi sicuramente capo alla posizione che Odescalchi occupava nella nobiltà cittadina e nel mondo intellettuale: evitare di coinvolgere il nobile casato e la propria dignità di uomo di lettere, in un'operazione di apparente basso profilo, invischiata tra le pignatte, le padelle, l'untume e gli odori gravi della cucina. Solo da un paio di decenni, approfondite ricerche d'archivio hanno permesso di attribuire una indubbia paternità all'operina gastronomica.
Il ricettario è l'opera giovanile (però mai abbandonata al proprio destino) di un appassionato, non di un professionista, e risente, per la coloritura del linguaggio, dei forti ascendenti letterari dell'autore. Spesso le sezioni delle ricette iniziano con sonetti o altre poesie in dialetto, e talvolta l'estro non sa rinunciare a una gustosa aneddotica attorno agli usi o alle ricette, sul tipo di quella che a fine secolo farà la fortuna della Scienza in cucina di Pellegrino Artusi. Il libretto si pone tuttavia, nel cerchio di confini riconducibili all'Illuminismo lombardo, evidenti intenti divulgativi. Le sue carenze principali risiedono nello scarso ordine delle ricette, in alcune oscillazioni di terminologia o di grafia, nella mancanza di precisione sull'indicazione delle dosi e dei tempi di cottura.
3. La cucina del Cuoco senza pretese.
Il panorama gastronomico del primo Ottocento era dominato dalla moda dettata dai cuochi parigini (La cuisinière bourgeoise di Menon del 1746, la cui materia per buona parte confluì in traduzione ne Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi, pubblicato a Torino nel 1766 e quindi a Milano nel 1791 col titolo Il cuoco piemontese ridotto all'ultimo gusto), cui si sommano minori influenze provenienti dall'altra grande capitale europea, Vienna, secondo un modello culinario destinato a fruitori di alto o altissimo livello. Si trasportano, insomma, in pianura Padana i procedimenti tecnici, le vivande e i criteri di strutturazione delle liste conformi agli usi della scalcheria d'Oltralpe, adottando pressoché integralmente la terminologia francese, e gettando le basi per la creazione di quel gergo specifico della gastronomia, ancor oggi in uso. Assieme alla lingua si "infranciosano" anche le caratteristiche delle vivande. Alla sovrabbondanza delle carni corrispondono eccessi di condimento (soprattutto burro e lardo). La predilezione per la cacciagione destina a un ruolo secondario le verdure e gli ortaggi. Una esagerata tendenza decorativa si manifesta nelle ricorrenti coperture con salse, creme e glasse, prospettando, in qualche modo una gastronomia distaccata dalla tradizione padana e da quella prealpina.
Odescalchi, con la sua operina da dilettante, "senza pretese", cerca un punto di incontro tra gli eccessi della cucina francese, le abitudini locali del territorio insubrico e le necessità alimentari della media e piccola borghesia comasca cui specificamente si rivolgeva. Accanto a piatti di chiara impronta francese, egli propone un gran numero di pietanze tradizionali, e in qualche modo le nobilita, facendole sottostare a una pratica di cucina più alta di quella popolare, quale quella del modello di riferimento.
Se non indica con precisione le dosi degli ingredienti, ha però la volontà di non tradire il sottotitolo del ricettario e vuole risultare davvero "economico", non nel senso di far risparmiare le famiglie con la povertà dei piatti proposti, quanto nel far applicare una corretta economia domestica. E con questo intento pubblica - unico esempio nel panorama della letteratura gastronomica - "i prezzi relativi per sei persone, ritenuti a moneta austriaca", degli ingredienti di ogni ricetta e mostra attenzione verso derrate di nuova introduzione (patate, pomodori, fagioli) o piatti emergenti (i maccheroni e le paste in genere), intuiti nella loro dimensione popolare.
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