Progetto realizzato con il contributo della Provincia di Como

FRITTATA ROGNOSA

frittata

Il poligrafo rinascimentale Tommaso Garzoni in quella curiosa nomenclatura di attività artigianali che è la Piazza universale di tutte le professioni del mondo (1584) scrive che il nome deriva alla frittata dalla superficie tutta piena di piccoli bitorzoli formati dai grumi della salsiccia o dal salame.

Precedendolo di qualche decennio, il medico modenese Ortensio Landi, nel suo Commentario delle più notabili e mostruose cose d’Italia e d’altri luoghi (…) con un breve catalogo degli inventori delle cose che si mangiano e bevono (1548) attribuisce a tale Pieruzzo comasco leccardo il merito di essere stato il primo mangiatore “delle frittate dette rognose, le quali aguzzano l’appetito”. Difficile però, per una pietanza così diffusa anche fuori della nostra regione, che proprio Como possa credibilmente vantarne il primato.

 

 

Tipologia:

Tipologia:                     Antipasti, secondi piatti

Stagionalità:                 Tutto l’anno

Difficoltà:                     Minima

Tempo di esecuzione:   25 minuti

Tecnica di cottura:        Frittura

 

Utensili:

Tagliere, trinciante, terrina, frusta, padella

 

Ingredienti per una persona:

SALAME (60 g)

UOVA (n. 2)

LATTE (un cucchiaio)

SALE e PEPE (un pizzico ciascuno, perché il salame è saporito in proprio)

NOCE MOSCATA (q. b.)

FORMAGGIO GRANA grattugiato (un cucchiaio)

PREZZEMOLO (qualche foglia)

OLIO EXTRVERGINE (15 ml)

 

Esecuzione:

Con il coltello tritare non troppo fini il salame e il prezzemolo  sopra il tagliere

Sbattere le uova in una terrina

Aggiungervi il salame, il prezzemolo, il formaggio, il sale e la noce moscata

Far scaldare l’olio in una padelletta non troppo larga, versarvi il contenuto della terrina, coprire e lasciar cuocere per circa 4 minuti, quindi rigirare la frittata e farla colorire scoperta anche dall’altra parte

 

Note:

Cuocere e girare  le frittate

I cuochi professionisti, per la cottura delle frittate, continuano a preferire le padelle lionesi di ferro, perché questo metallo è un debole conduttore di calore e impedisce che l’olio si surriscaldi. Per l’uso casalingo può andare bene anche una padella antiaderente rivestita di teflon, che permette di ridurre le quantità di grasso, purché il rivestimento sia integro. Per girare la frittata, il sistema tradizionale consiste nel movimento secco del polso della mano che impugna la padella, mantenendo fermo il  gomito. Movimento attraverso il quale la frittata si stacca dalla padella, vola in aria e si volta per ricadere esattamente nella padella. È un gesto che si impara solo con l’uso, a rischio di dover raccogliere qualche frittata dal pavimento. Se non si vuole ricorrere all’apposita padella doppia per frittate, può risultare facile ottenere il risultato voluto coprendo la padella col suo coperchio, oppure con un piatto sufficientemente ampio, e rigirandola in modo che la frittata si adagi sul coperchio o sul piatto, per poi farla scivolare nuovamente nella padella.

 

Varianti:                                                                                                          

Non è raro il ricorso alla salsiccia sbriciolata o al cotechino a pezzetti al posto del salame. In alcune versioni è usata la panna in sostituzione del latte. Non sempre la frittata è insaporita con prezzemolo e noce moscata, raramente con una scheggia d’aglio tritato finissimo. Secondo l’uso tradizionale la frittura dovrebbe essere eseguita in burro o strutto di maiale.

 

Abbinamenti:

Può essere utilizzata sia come antipasto freddo, tagliata in piccole porzioni o infilata come farcitura in un panino, oppure come secondo piatto, caldo o tiepido a seconda dei gusti. Nei primi due casi si consiglia l’abbinamento con un bianco sapido, nel terzo con un rosso giovane e vivace, Barbera, Bonarda o Lambrusco.

 

L’ingrediente:

Il salame brianzolo

Il tipico salame nostrano, un tempo conosciuto come brianzolo, oggi Brianza DOP, è un insaccato di puro suino, con aggiunta di sale, pepe a pezzi o macinato e talvolta vino e poche altre spezie. Si produce, secondo il disciplinare DOP nel territorio delle provincie di Como, Lecco e Milano.  È macinato a grana fine nelle pezzature da 350 g; a grana grossa per la pezzatura di peso superiore. Viene insaccato in budello naturale o artificiale e non obbligatoriamente legato con spago o infilato in rete per facilitarne la stagionatura, che varia da 3 a 15 settimane a seconda della dimensione. Ha pasta di color rosso vivace, prevalentemente magra, il sapore dolce e il profumo delicato. Taluni produttori conservano ancora, per questo insaccato, l’antico nome brig, parola di origine celtica che significa “collina” e che è alla radice dello stesso nome della Brianza.

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