Note:
Girare la polenta
Oggi esistono i paioli elettrici con la pala incorporata che gira la polenta a piacimento. Una tempo si doveva mescolare a mano. Scrivono Luigi Carnacina e Vincenzo Buonassisi nel loro Libro della polenta che subito dopo aver fatto cadere a pioggia un po' alla volta la farina gialla nell'acqua a bollore, "ci vuole il bastone di legno per girare la polenta, per mescolarla bene. Girate, girate, girate, senza paura, olio di gomiti e buona volontà. Ma girate sempre a destra, solo a destra (...). Vedrete che la polenta comincerà ad ispessire, sempre più rapidamente, e dovrete aiutarvi, perché non diventi troppo dura, e aggiungerete ogni tanto qualche mescolo d'acqua bollente. L'arte è tutta qui, nel lavoro costante per indurire la polenta e poi ammorbidirla, e di nuovo indurirla e ammorbidirla...". Dopo mezzora, la polenta sarà cotta, perché si stacca dalle pareti; ma perché diventi polenta da intenditori, continuano i due autori, sarà necessario girare col bastone per un'altra mezzora, sempre bagnando come si asciuga, perché solo così diventa veramente gustosa, digeribile e senza quella leggerissima traccia di amarognolo che spesso le rimane con le cotture troppo brevi.
Varianti:
Non è raro l'utilizzo di fettine di lonza di maiale invece di fesa di vitello. Non tutte le ricette esaminate praticano l'infarinatura o sfumano con il vino. In alcune si aggiunge in padella uno spicchio d'aglio che viene tolto a fine rosolatura. Sul territorio è anche diffusa la pratica di lasciare la carne a pezzetti, come per lo spezzatino, e formare gli spiedini alternando la carne, la pancetta, e la salvia.
Abbinamenti:
Vino rosso della Domasina, Valcalepio o Franciacorta
L'ingrediente:
Il vitello
I ricettari dei primi anni del XX secolo indicavano i rinomati vitelli della Brianza come fornitori ot-timali della carne di primissima qualità necessa¬ria per le costolette e per le fettine da utilizzarsi nelle non numerose preparazioni della cucina lombarda. Al giorno d'oggi, gran parte del patrimonio zootecnico lombardo, al pari di quello di altre regioni italiane, si ricostituisce annualmente tramite le importazioni dai paesi CEE maggiormente attrezzati per l'allevamento (Francia e Germania), cosicché non solo il terri¬torio agricolo a Nord di Milano non ha, rispetto ad altre zone della regione, quali il Bresciano, il Mantovano e il Cremonese, una produzione bo¬vina veramente apprezzabile, ma non può spesso neppure garan¬tire l'origine locale degli animali.
Si classifica come vitello il bovino di età infe¬riore a un anno e di peso non superiore ai 230 kg (180 kg per quelli di latte). La carne di vitello si distingue da quella del bovino adulto per una maggiore tenerezza, per il colore più rosato, per la accentuata succulenza; ha odore latteo e mi¬nime quantità di grasso. Risulta di facile dige¬stione ed è meno energetica di quella di vitel¬lone o di manzo (92 kcal per 100 g contro le 129 del bovino adulto).