Progetto realizzato con il contributo della Provincia di Como

Le ricette della Cucina Lariana

Resta

Dolci dessert e merende

Tempistica e difficolta'

E' un dolce legato, nella tradizione comasca, alla celebrazione della domenica delle Palme. La specificità simbolica del dolce consiste in un ramoscello di ulivo
infilato nella pasta, e nella ripetizione del segno della spiga (o della lisca, o resca, che fa lo stesso) sulla sua superficie, ambedue simboli dioici (associati nelle culture tradizionali ai miti lunari della rinascita primaverile) da cui deriva il nome di questo pane rituale.

Lista degli ingredienti

Tipologia: Tipologia: Dolci
  Stagionalità: Tutto l'anno
  Difficoltà: Elevata
  Tempo di esecuzione: 300 minuti
  Tecnica di cottura: cottura in forno 
     
Utensili: Due ciotole, cucchiaio legno, teglia per forno, tagliere, 
trinciante.
   
Ingredienti: LIEVITO DI BIRRA (15 g),  
FARINA DI FRUMENTO (300 g), 
ZUCCHERO (100 g), 
BURRO (150 g), 
MIELE (un  cucchiaino), 
UOVA (n° 3),
LA BUCCIA DI UN LIMONE,  
UVETTA SULTANINA (100 g), 
ARANCIA E CEDRO CANDITI (a pezzetti, 100 g) - 
UN RAMETTO DI ULIVO 

Preparazione

Sciogliere il lievito in poca acqua tiepida, impastarlo con un quarto della farina bianca e lasciare lievitare per un'ora
Far ammollare l'uvetta in acqua tiepida
Impastare la restante farina con lo zucchero, il miele, il burro, le uova, grattugiandovi la buccia del limone
Unire all'impasto precedente e lasciare lievitare per un'altra ora.
Manipolare di nuovo l'impasto, unendo le uvette ammollate e la frutta candita, disporlo su una teglia da forno dandogli la forma di un grosso pane allungato, e infilarvi per il lungo il ramoscello di ulivo
Lasciare lievitare ancora per un'ora, poi infornare e cuocere per circa 40/50 minuti a 180°C

Tempistica e difficolta'

  •  
  • Porzioni
    0
  • Tempo di preparazione
    2 ore 30 minuti
  • Grado di difficolta'
    Molto difficile

Altre informazioni

Note:

tre lievitazioni

Il segreto della particolare leggerezza della resta (ma anche del panettone, del pandoro e della colomba pasquale) sta nella triplice lievitazione della sua pasta. L’archetipo associativo della formulazione 
alimentare che oggi chiamiamo resta (pane e frutta - in questo caso candita) risale all’età del bronzo; la speziatura (buccia di limone e miele) al Medioevo: ma i dolci ottenuti con questo modello erano compatti, densi - come è ancora la bisciola della Valchiavenna. 
Solo tra lo scorcio del Settecento e i primi anni dell’Ottocento la cultura pasticciera franco-padana elabora il procedimento della lievitazione multipla: ciò che fa di un pane con la frutta un capolavoro di leggerezza. Sì da per scontato che il dolce cotto nel
 forno domestico non sia mai all’altezza di quelli usciti dalle pasticcerie: la temperatura diffusa e omogenea dei grandi forni professionali fa miracoli nel sollecitare l’ottimale lievitazione della pasta. Risparmiare del tempo, come consigliano alcuni ricettari, proponendo solo una o due lievitazioni, o accelerandole con lievito chimico, toglie ogni 
speranza di ottenere una resta degna di questo nome.

Varianti:

Alcune delle ricette che consigliano una sola lievitazione, prescrivono di unire direttamente tutti gli ingredienti alla pasta, salvo gli albumi delle uova, che si aggiungono per ultimi, montati a neve soda. Non è raro che l’impasto sia profumato con  un mezzo bicchierino di liquore aromatico. Va da sé che il rametto d’ulivo, che ha senso nella prospettiva rituale, non ne ha in quella gastronomica. Non inserendo il rametto, è  bene però ricordarsi di segnare la superficie del pane con con un  taglio lungo e dei tagli trasversali a forma di resca, per favorirne la lievitazione.

Abbinamenti:

La resta, per il suo gusto fine, è un classico dolce da rosolio, un liquore  “di casa”, oggi abbastanza raro. 
L’abbinamento rustico sarebbe con il vin del tecc, cioè con uno di quei vini ottenuti in campagna da uve passite: rarissimo anche questo. Non resta che un buon moscato spumante o un moscato passito, in 
base ai gusti e all’occasione.

L'ingrediente:

la frutta candita

L’utilizzo della frutta candita riconduce a una gastronomia tre-quattrocentesca,  in cui questa risorsa glucidico-vitaminica era considerata una sorta di spezia, una sostanza implicata nella farmacopea, cui si ricorreva in casi eccezionali o rituali, quando nell’ordinario si arricchivano i pandolci con fichi e altra 
frutta seccta o appassita. La tradizione lombarda accoglie la frutta candita nel torrone cremonese, nella colomba pasquale e nei cupett di Busto Arsizio. La pasticceria comasca vi ricorre nelle versioni più antiche delle charlottes e dei cavulatt, oltre che nel tipico lattemiele lariano.

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